Leggendo un testo di scuola di cucina sugli arrosti, mi sono chiesto se l’ABC delle tecniche culinare, quantomeno in Italia, non sia rimasto fermo a qualche secolo fa.
A prescindere dai cuochi innovativi, parlando delle pratiche culinarie casalinghe o di una ristorazione più tradizionalista, a quale epoca siamo rimasti?
Un esempio: l’arrosto, piatto cardine della nostra cultura. Leggo che prima di infornarlo va rosolato per costruire la “costricina” necessaria perché i succhi non fuoriescano.
Ma la teoria secondo cui il riscaldamento a fuoco vivo restringe i pori della carne, creando una specie di corazza esterna che impedirebbe ai sughi di uscire è scientificamente scorretta. La crosticina aumenta il sapore, ma non la succulenza.
Cio perché, scusatemi il pippone:
Come reagisce dal punto di vista chimico fisico un pezzo di carne quando viene riscaldato? Il calore entra nell'arrosto per conduzione mediante l'aria riscaldata del forno e l'acqua del suo strato esterno evapora, rendendo questo ultimo asciutto.
Il risultato finale è che, con una cottura tradizionale l'arrosto si restringe fino a perdere un sesto del suo peso in seguito alla perdita dell'acqua periferica e della fuoriuscita del sugo, e ciò accade anche se la carne è provvista di crosticina, provocata dalla rosolatura, non essendo quest’ultima impermeabile.
Cosa comporta la crosticina? È innanzitutto scorretto ritenere che sia l’effetto di un processo di caramellizzazione solo perché l’alimento si scurisce. Invece il colore brunastro è causato dalla reazione di Maillard fra amminoacidi e carboidrati e a molte altre reazioni: basta pensare ai tanti gruppi reattivi presenti nelle molecole della carne da arrostire e alle loro possibili reazioni!
La teoria secondo cui il riscaldamento a fuoco vivo restringe i pori della carne, creando una specie di corazza esterna che impedirebbe ai sughi di uscire è pertanto scientificamente scorretta. Quindi la crosticina aumenta il sapore, ma non la succulenza.
venerdì 22 gennaio 2010
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