Cotoletta alla milanese
La cotoletta alla milanese, preparata con la costoletta di vitello, ossia una delle prime sei costole della lombata, alta almeno un centimetro e mezzo, era tradizionalmente cucinata in modo che la panatura formasse una crosticina croccante, mentre la sezione più interna della carne risultava se non leggermente rosata, quanto meno umida. Era abitudine servire la cotoletta condita con il burro di cottura, anche se questa consuetudine non sempre era indicata nei ricettari (vedi ricetta “La cotoletta di una volta”). Sull’origine del piatto non ci sono dubbi. È pur vero che è stato ipotizzato che la preparazione potesse essere stata importata al tempo della dominazione asburgica, considerato che la Wienerscnitzel, ossia la cotoletta viennese è molto simile (la carne viene però prima passata nella farina, poi nell’uovo e nel pangrattato). Ma la prova della milanesità del piatto è data da un testimone al di sopra di ogni sospetto, ossia dal maresciallo austriaco il conte Joseph Radetzky. Questi, in un carteggio con il conte Attems (aiutante di campo di Francesco Giuseppe), scrisse di aver scoperto un piatto milanese, ossia la cotoletta, descrivendola in modo circostanziato così da togliere qualsiasi dubbio interpretativo. Oggi la cotoletta, battuta o no, è preparata utilizzando meno grassi e risulta pertanto più leggera; in genere è guarnita con spicchi di limone proprio come solitamente si servono i fritti. È inoltre molto diffusa anche la variante a “orecchio d’elefante”, in realtà due costolette unite nel centro aperte a libro, battuta per assottigliarla a uno spessore di pochi millimetri: una volta cucinata è particolarmente croccante, con la parte interna della carne ben cotta. È servita spesso guarnita in superficie con pomodoro tagliato a dadini che, essendo questo un ortaggio notoriamente acido, sostituisce il limone in qualità di antagonista dei grassi di frittura residui. Da segnalare la cotoletta “puzzle” di Gualtiero Marchesi: più spessa di come vuole la tradizione, è tagliata a quadrati che sono impanati e fritti nel burro chiarificato; la cotoletta è poi ricomposta e ogni boccone, ossia ciascun quadrato, è ricoperto di una crosticina croccante su ognuno dei sei lati (vedi ricetta).
La cotoletta di una volta
Prendasi una costoletta di vitello o nodino che abbia il suo osso attaccato, altrimenti sarebbe almeno esagerato e fuori luogo chiamarla costoletta...
Si scelga né troppo grassa né troppo magra, ma più sul magro che sul grasso. La si stenda sul tagliere e col pestacarne si cominci a tormentarla dolcemente di modo che le fibrille della carne non si spappolino, ma si rompano. Quando questa operazione che può anche durare una ventina di minuti è finita, la costoletta viene fatta passare in uovo battuto, poi in pane grattugiato. Anche questa operazione va ripetuta almeno due volte per garantire una impanatura perfetta e regolare. Sul fuoco si sarà nel frattempo messo a sciogliere un grosso pezzo di butirro e poco olio di oliva finissimo, in modo da giungere alla bollitura. In esso si faranno passare le costolette che debbono, per essere mangiabili e perfette, risultare dorate in ogni loro parte. Prima di portarle in tavola, le costolette vanno finite, cioè bisogna coprire i 'manici' di ciascuna con un decoro di carta.
La ricetta, che risale all’Ottocento, è stata tratta da Carlo Steiner, Il ghiottone lombardo, Milano, Bramante, 1964
Cotoletta alla milanese (oggi)
Ingredienti per 4 persone
4 cotolette di vitello con l’osso
2 uova
pangrattato
burro
Battete leggermente le cotolette (molti cultori ritengono però che non vadano battute). Sgusciate le uova in una terrina, salatele leggermente e sbattetele con una frusta. Passate le cotolette nelle uova e poi nel pangrattato premendole con il palmo della mano.
Fate fondere il burro in una larga padella antiaderente e quando sarà ben caldo disponetevi le cotolette senza sovrapporle e fatele cuocere 5 minuti per parte. Sgocciolatele con l’apposita paletta, insaporite di sale e servitele calde.
Versione puzzle
Dosi per 4 persone
4 costolette di vitello molto spesse
30 g di burro chiarificato
120 g di mollica di pancarrè privato della crosta
2 uova
sale e pepe bianco
Passate il pancarrè in un setaccio a trama larga. Sgusciate le uova in un piatto fondo e battetele con una forchetta. Tagliate le costolette a dadi e passate questi (e anche gli ossi) nell'uovo, quindi nel pane setacciato. In una padella, scaldate il burro e salatelo, unite i dadini carne e fateli cuocere per 6 minuti calcolando 2 minuti per ogni lato. Ricomponete nei piatti le costolette comprensive di osso e servitele caldissime.
Il burro chiarificato si ottiene mettendo un panetto di burro (in questo caso circa di 100 g) in un recipiente a bagnomaria lasciandolo cuocere ore in modo che tutta l’acqua evapori e la caseina si depositi sul fondo. Si ricava così un grasso fluido simile all’olio, di colore dorato, in grado di sopportare alte temperature, al contrario del burro, che è un grasso instabile.
giovedì 28 gennaio 2010
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Non ho tempo per commentare, sto correndo a comprare le costolette...
RispondiEliminaprova la versione puzzle....
RispondiEliminaciao auguri per il blog anche se forse non ne hai bisogno a giudicare dalle tue pubblicazioni!!cucina e vino...che dire di piu'..anzi una cosa te la chiederei...mi consiglieresti un vinello abboccato..
RispondiEliminaCiao a te e benvenuta. Grazie per gli auguri. E' abboccato un vino leggermente dolce; intendevi questo? Se sì ci sono vini che hanno queste caratteristiche come per esempio la Freisa d'Asti o L'Oltrepò Pavese Bonarda (però leggi l'etichetta in quanto sono prodotti anche secchi), che sono entrambi rossi e in genere non molto corposi. Un bianco prodotto anche in versione abboccato è l'Orvieto. Spero di averti risposto. Diversamente non esitare a scrivermi. Fabiano
RispondiEliminami è capitato tempo fa, in una trattoria nei pressi di Milano, di ordinare, appunto una cotoletta alla milanese, un piatto enorme con riso ..bellissimo me lo hai ricordato con questa tua bella descrizione....
RispondiEliminaun nome molto invitante hai dato al blog, ciao grazie ed a presto stefania
Fabiano, buongiorno! ^_^ grazie per esserti fermato da me, è un piacere "conoscerti".
RispondiEliminaIl tuo blog è molto interessante, il titolo mi piace tanto tanto...
come avrai letto nel mio blog, sono in viaggio ed ho poche possibilità per connettermi, rimando quindi, il piacere di "sfogliare" con cura le tue pagine.
Un saluto dalla Sicilia.
P.s il vino che amo è il Negroamaro in purezza.
A presto!
pagnottella http://ilgaiomondodigaia.blogspot.com
(sono in anonimo per questioni di tempo-connessione)
E' molto appassionante il modo in cui affronti gli argomenti, da un lato un approccio scientifico o comunque tecnico, dall'altro uno slancio entusiastico che denuncia tutta la tua passione e il tuo coinvolgimento.
RispondiEliminaInteressante il post sulla cottura degli arrosti,tu che tipo di cottura scegli?
Bellissimo il racconto dell'apoteosi delle tue papille al contatto con l'ostrica bretone.....ma questo forse perché mi hai fatto ripensare alle mie estati a St. Malo.
Un caro saluto
Fabiana
Provero' questi abbccati...una curiosita' cosa mi sai dire sul cannaiolo di marta (e' un vinaccio??) ho avuto occasione di provarlo alla citta' del gusto del gambero rosso durante la manifestazione roma wine festival..e non ti nascondo che davanti al suo banco ci sono passata e ripassata diverse volte..
RispondiEliminaBBBUONAA la cotoletta... peccato che sia così terribilmente calorica!!
RispondiEliminaCiao, grazie per esserti fermato da me e per esserti aggiunto fra i lettori! Cmq complimenti hai un bellissimo blog, interessante, ben fatto e..appetitoso! Lo leggo e mi sento più vicina all'Italia e alla mia Lombardia.. a presto!
RispondiEliminaQuesto commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaStefania. Mi darai il nome di quel ristorante...
RispondiEliminaPagnottella. Condivido; il Negroamaro è un gran rosso.
Fabiana. E' come dici tu, gaudenti, ma esigenti. Le cotture per gli arrosti che preferisco sono nel forno a bassa temperatura, e uso il termometro.
Gluticchia. La Cannaiola di Marta è un vino più zuccherino di quelli abboccati: ci sarei passato anch'io più volte davanti al suo banco.
Aldebarina. Calorica... ma ne vale la pena.Ci sono cibi altrettanto calorici che non valgono, per bontà, quanto la cotoletta.
Eileen. Sono contento che il mio blog ti piaccia e che ti dia qualche emozione.